50 SFUMATURE DI AMORE & I BACI DI DAMA DI SARA ZANCANELLA

Quante sfumature può avere l’amore? In questa favola di San Valentino c’è l’amore per il compagno, l’amore per un figlio, l’amore per il lavoro…  Accompagnata dalla ricetta di un dolce che ricorda le labbra di una dama socchiuse per un bacio, è arricchita da citazioni famose come “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams e il film “Qualcosa è cambiato” di James L. Brooks.

 

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L’UNICORNO DI ZUCCHERO

Era nato quasi per caso, per recuperare quei pezzetti di pasta di zucchero avanzati.
E adesso, in mezzo a tanti cavallini tutti uguali, c’era lui: un unicorno paffutello con la criniera dei colori dell’iride.

L’aveva modellato Lucia, una sera tardi, alla fine di una lunga giornata di lavoro.
Aveva saputo che il corno di questo animale fantastico possedeva poteri magici e poteva guarire le malattie più gravi.

Eugenio, il suo bambino, era malato.
Tanto malato da non poter stare all’aperto, né correre o giocare con gli amici.
Malato al punto da finire d’urgenza all’ospedale anche per un semplice raffreddore.

Anche Eugenio era nato per caso.
Lucia l’aveva voluto con tutte le proprie forze anche se era rimasta sola.
L’aveva curato con tutto il proprio amore.
Per lui aveva sacrificato la propria giovinezza, lavorando dalla mattina alla sera nella migliore pasticceria della città.

Lì aveva dapprima lavato i pavimenti, poi le teglie e le attrezzature, poi si era dedicata alla manutenzione dei macchinari.
Era affidabile e precisa. Così, in seguito, le era stato assegnato l’incarico di seguire gli impasti.
Ma la sua grande passione era la decorazione dei dolci: appena possibile, sbirciava i movimenti di Filippo, il capo pasticciere, mentre questi stendeva la pasta di zucchero e la modellava in forma di fiori e ghirigori.
La notte, poi, a casa, Lucia ripeteva i suoi gesti e creava torte meravigliose che allietavano le colazioni del suo bambino.

Era diventata così brava che, un giorno, osò portare al lavoro una delle sue creazioni.
Fu un successo: Filippo la volle accanto a sé nella fase più delicata della lavorazione.

Lucia era entusiasta e fantasiosa: ben presto sostituì i fiori e i ghirigori di Filippo con animaletti dalle forme paffute, che divennero i beniamini dei bimbi.
I preferiti erano senza dubbio i suoi cavallini dalla lunga criniera, che venivano richiesti per tutte le torte di compleanno del circondario.

Ormai era diventata l’insostituibile collaboratrice di Filippo: lavoravano tutto il giorno fianco a fianco e si capivano senza bisogno di parlare.
Lucia non alzava nemmeno la testa, immersa com’era nella preparazione di torte e pasticcini.
Non pensava ad altro, se non a quello che stava decorando e al suo bambino malato che l’aspettava a casa.

Quella sera, se ne erano ormai andati tutti.
Anche Filippo, che le aveva consegnato le chiavi della pasticceria, e le aveva raccomandato sorridendo di non affaticarsi troppo.

Lucia passò in rassegna i piani di lavoro, i forni, la dispensa.
In uno dei frigoriferi, trovò un po’ di pasta di zucchero di diversi colori: poca, troppo poca per qualsiasi decorazione.
Ripensò all’unicorno. E incominciò a modellarlo.

Nelle sue abili mani, la pasta prendeva gradatamente forma: gli zoccoli grigio chiaro, la coda attorcigliata, la criniera arcobaleno.
Nel momento in cui incominciò a plasmare il corno spiralato, il cuore le batteva forte forte.
“Se solo potesse far stare meglio il mio bambino!”, pensava.

Avrebbe voluto portarlo a Eugenio, quell’unicorno colorato.
E invece lo dimenticò sul bancone.

Rientrò in casa stanchissima.
Ancora con il cappotto addosso, corse a salutare il suo bimbo.
“Come stai, amore mio?”, gli chiese sottovoce.
Eugenio aprì piano gli occhi: erano lucidi di febbre.
Istintivamente, Lucia gli tastò la fronte: era calda come una brace accesa.

Con la forza che le dava la disperazione, lo prese in braccio, lo coprì accuratamente con una coperta e uscì in strada.
Quasi si buttò giù dal marciapiedi per fermare un taxi.
E poi, via, di corsa all’ospedale.

Eugenio rimase ricoverato per molti mesi.
La sua mamma non si allontanò un momento da lui.
Dimenticò il proprio lavoro, i dolci da decorare e quel piccolo unicorno che aveva lasciato sul piano di lavoro.

In pasticceria, la sua mancanza si faceva sentire.
Nessuno era in grado di coordinare l’attività come lei, nessuno sapeva modellare degli animaletti così belli.
Ci aveva provato, Filippo, imitando lo stile di quell’unicorno di zucchero trovato sul bancone il primo giorno di assenza di Lucia.
No, proprio non ci riusciva, e questo aggiungeva un senso di frustrazione a quella vaga tristezza che l’aveva assalito da quando lei non era più al suo fianco.

Mise l’unicorno in vetrina, in mezzo ai cavallini.
Le richieste di acquisto per quell’animale fantastico furono moltissime.
I bambini si sbracciavano per vederlo in vetrina, e rimanevano a bocca aperta ad ammirarlo.
Per le mamme, era diventato l’argomento di conversazione del momento.
Ma il pasticciere rifiutò categoricamente di venderlo: quello era l’unicorno di Lucia.

Nel frattempo, la salute del piccolo Eugenio non migliorava.
I dottori gli avevano fatto mille analisi, avevano provato mille cure.
Il suo caso era discusso nelle sale riunioni, inviato a colleghi d’oltre oceano per un consulto, presentato ai congressi: nessuno -nemmeno i più importanti luminari- sapeva come far guarire il bambino di Lucia.
Rimaneva da provare soltanto una cura appena scoperta.

Tutto era pronto per quest’ultimo esperimento.
I medici decisero di tentarlo una mattina di settembre: c’era il sole, e la luce dorata entrava con discrezione attraverso le fessure delle tende alla veneziana.
Sul comodino, un farmaco amarissimo attendeva di fare il suo corso.

Lucia fissò a lungo il bicchierino bianco contenente il liquido scuro.
Improvvisamente, si riscosse dal torpore: al suo bambino non piacevano i sapori amari!
Chiese ai medici di rinviare di qualche ora la somministrazione.

Con le mani che le tremavano, compose il numero della pasticceria.
Le rispose Filippo. Il cuore di entrambi perse un battito.
“Mi potresti far avere l’unicorno di zucchero che ho lasciato lì?”, chiese Lucia con gli occhi lucidi.

 

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Il suo capo non volle mandare nessun altro: si tolse la divisa, infilò i jeans e una camicia bianca, salì in auto.
In una piccola scatola di cartone che appoggiò sul cruscotto, lo accompagnava l’unicorno di zucchero.

Filippo percorse il tragitto che portava all’ospedale guidando con prudenza, evitò di stringere le curve e di frenare bruscamente: l’unicorno non doveva cadere.
Parcheggiò, tolse le chiavi dal cruscotto, scese dall’auto con la scatola in mano.
Alzò gli occhi: da una finestra della clinica, Lucia lo stava guardando.

Non prese l’ascensore, ci sarebbe voluto troppo tempo.
Salì le scale mangiandosi i gradini a tre a tre.
Quando entrò nella stanza, gli mancava il respiro.
Eugenio, piccolissimo nel letto enorme, dormiva con la testa sprofondata tra le pieghe del cuscino.

Fu lei a venirgli incontro.
Lui le porse la scatola già aperta.

Lucia prese tra le mani l’unicorno, staccò delicatamente dal muso il corno di zucchero, rimise l’animaletto nella sua confezione.
Svegliò con un bacio il suo bambino, gli sollevò la testa, gli porse il bicchierino del farmaco.
“Bevi, tesoro”, gli sussurrò.

Eugenio bevve senza fiatare.
Strizzò gli occhi quando si rese conto del sapore acre.
Ma la sua mamma era lì, tra le dita un pezzetto di zucchero a forma di spirale, pronta a cancellare il ricordo di quel gusto amaro.

Il piccolo assaporò la dolcezza del frammento e dell’abbraccio materno, chiuse gli occhi e si appisolò.
Lucia rimase immobile, ad ascoltare il respiro del suo bambino che si faceva sempre più regolare.
Filippo le si avvicinò, le passò il braccio destro dietro le spalle, la strinse leggermente.
E fu finalmente lei a lasciarsi proteggere.

Ogni giorno che passava, la salute di Eugenio migliorava.
Non trascorse molto tempo: ritornarono a casa.

Venne a prenderli Filippo.
Li aiutò a trasportare le borse e a spalancare le finestre.
Rimase a pranzo, a cena, a dormire.
A fare il marito e il padre.

Diventarono una famiglia.

Lucia ritornò in pasticceria.
Abbracciò tutti, indossò casacca e grembiule, incominciò subito a modellare.

Prima di rimettersi al lavoro, però, tolse l’unicorno di zucchero dalla sua scatola.
Lo lasciò così, senza il corno a spirale.
E lo rimise in vetrina.

Eugenio riprese la scuola.
Ricominciò a stare all’aperto, a correre, a giocare.
A vivere come gli altri bambini.

Un giorno, con gli amici, passò davanti al negozio dove lavoravano la sua mamma e quello che ormai chiamava “papà”.

Si fermò, attirato dal profumo e dai colori dei dolci.
Con il naso contro il vetro, rimase a guardare estasiato gli animaletti di zucchero.
In mezzo a tanti altri, un cavallino con gli zoccoli grigi, la coda attorcigliata e la criniera arcobaleno che era stato un unicorno.
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I BACI DI DAMA DI SARA ZANCANELLA

PREPARAZIONE: 30 min
COTTURA: 20 min
PEZZI: 30 (2 teglie)

CHE COSA SERVE?

  • 100 g di BURRO
  • 100 g di NOCCIOLE
  • 100 g di MANDORLE con la pellicina
  • 100 g di ZUCCHERO SEMOLATO
  • 150 g di FARINA 00
  • SALE
  • VANIGLIA
  • 150 g di CIOCCOLATO al LATTE oppure di NOCCIOLATA RIGONI

COME FACCIO?

  1. LASCIO ammorbidire il BURRO a temperatura ambiente.
  2. PRERISCALDO il forno (statico) a 160°C.
  3. INSERISCO nel boccale le NOCCIOLE e le MANDORLE. Frullo per qualche secondo a velocità turbo, controllando che le nocciole non rilascino l'olio.
  4. UNISCO il BURRO ammorbidito, lo ZUCCHERO, la FARINA setacciata, un pizzico di SALE e i semi di VANIGLIA. Frullo ancora per 10 secondi a velocità 4.
  5. CON UN CUCCHIAINO o un dosatore da gelato per mini-porzioni, prendo delle piccole quantità di impasto (7 grammi ciascuna), le compatto nel palmo della mano e formo circa 60 palline, che dispongo -distanti tra loro- su due leccarde foderate con CARTA FORNO.
  6. INFORNO e CUOCIO per 20 minuti. Faccio raffreddare su una griglia. N.B.: Appena uscite dal forno, è importante non toccarle per i primi dieci minuti: si disintegrerebbero!
  7. FONDO a bagnomaria il CIOCCOLATO al LATTE e lo utilizzo per CONGIUNGERE le palline a due a due, oppure le UNISCO con poca NOCCIOLATA RIGONI inserita in un sac à poche piccolo con un foro di 3 mm..

I MIEI APPUNTI

I BACI DI DAMA: Due biscotti friabilissimi che si uniscono in un bacio di cioccolato: sono i BACI DI DAMA di Tortona (Piemonte), dolcetti nati più cent'anni fa e rimasti immutati nel tempo. - FONTE: La ricetta è di Sara Zancanella (Il frullino rosa), che ringrazio di cuore. Le scatoline della foto del titolo sono di LaLuisahandmade. - ROBOT: Ho usato il Bimby/Thermomix, ma questa ricetta può essere eseguita anche con altri robot. - FORNO: Quelli indicati nella ricetta sono tempi e temperature di cottura effettivi (la temperatura è stata misurata con termometro a sonda) per il forno Gaggenau; per altri forni, potrebbero essere diversi. Se non indicato diversamente nel testo, la cottura avviene ponendo il cibo al secondo livello del forno, incominciando dal basso.

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