IL REALISMO MAGICO, I CORSI DI AN_OLD_FASHIONED_LADY & IL RISOTTO SUPERVELOCE ALLA ZUCCA (AMC)
Eccomi di nuovo a parlarvi di uno degli stupendi webinar di storia dell’arte tenuti da Alessandra Gennaro, la @an_old_fashioned_lady di Instagram. Lo faccio entrando nei panni delle due donne forse più affascinanti del Realismo Magico: la Silvana Cenni di Felice Casorati e Adele, la moglie di Ubaldo Oppi.
SOTTOVOCE: IL REALISMO MAGICO A PALAZZO REALE
PRIMA DI TUTTO
Improvvisamente, il silenzio.
Inatteso, rassicurante eppure irreale.
Per qualche istante rimango immobile, gli occhi chiusi, le braccia appoggiate allo schienale, le mani distese, i piedi leggermente disgiunti.
Poi, lentamente, abbasso le braccia portando le mani in grembo.
Accarezzo con la punta delle dita il mio abito chiaro.
Avverto la rigidità del tessuto, le pieghe scolpite, i bottoni freddi.
Ruoto un poco la testa per sgranchire il collo irrigidito.
Apro piano le palpebre.
La penombra che mi avvolge ha il colore del cioccolato e quell’odore indefinito che lasciano i visitatori quando se ne vanno.
Il desiderio di uscire dalla cornice mi assale all’improvviso.
Lo assecondo.
Mi lascio scivolare verso il basso.
E incomincio a camminare in mezzo ai quadri.
SILVANA
Non mi sentivo così leggera dal 1922: l’anno in cui venni ritratta.
Felice Casorati mi ha chiamata Silvana Cenni, ma si dice che in realtà io fossi una delle sue allieve, e che non sia nemmeno certo il mio nome.
Affermano anche che il pannello che occupo fosse in origine quadrato -ai lati, due studenti intenti a ritrarmi- e che sia stato tagliato in seguito, mantenendo solo la parte centrale.
Un po’ come nell’altro capolavoro del mio maestro, Lo studio, andato distrutto nel ’31 nell’incendio del Palazzo di Cristallo a Monaco di Baviera.
C’è il rigore di Piero della Francesca, nel mio quadro.
Ci sono la sua tavolozza controllata, le sue geometrie, il suo equilibrio.
C’è una luce garbata ad accarezzare la tunica che indosso.
C’è un tessuto damascato a rivestire lo scranno su cui siedo.
Dietro di me, c’è una finestra che si apre su un paesaggio rinascimentale.
Davanti a me, sul pavimento, libri e rotoli di carta.
Il fascino e il terrificante del sacro convergono nella mia posa ieratica, quasi da sacerdotessa.
È un mistero da svelare.
Nel tempo immobile dell’attesa.
FELICE
«Vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose immobili e mute, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi, la vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore e non di affanno».
È tutto qui, in questo pensiero, il suo linguaggio artistico.
Era figlio di un militare, il mio maestro.
Quanti trasferimenti, per lui e la sua famiglia!
Iniziò a dipingere a diciotto anni, sui Colli Euganei.
Si trovava lì per un periodo di riposo, perché affetto da quello che allora veniva definito “esaurimento nervoso”.
A Padova si laureò in Giurisprudenza.
Ma, per la vita, preferì seguire la propria grande passione: l’arte.
Felice Casorati dipinse, fu incisore, designer, scenografo.
Fu docente.
Una delle allieve della sua scuola, Daphne, era nipote dello scrittore Somerset Maugham.
Donna incantevole, come la sorella Cynthia, raffigurata in un ritratto senza luogo né tempo.
Daphne diventò sua moglie.
Gli dette un figlio.
E anch’egli amò la pittura.
ADELE
In punta di piedi, percorro la galleria.
Mi guardo intorno, incantata da tanta bellezza.
Com’è raffinata, sensuale e misteriosa la donna su quella tela!
Elegantissima, curata nei dettagli: le piume ai polsi, i gioielli, la morbidezza delle maniche e del corpetto.
Il colore della sua pelle richiama le immagini della vela, dei gondolieri e della basilica che spiccano sullo sfondo.
Il verde scuro dell’abito si diffonde nella comune sfumatura del mare, del cielo.
E dei suoi occhi.
Si capisce che è una donna preziosa per il proprio uomo.
E che, anche se cristallizzata in un tempo sospeso, è una donna vera.
Le sorrido.
Mi risponde con un cenno del capo.
Dopo un istante, è al mio fianco e cammina con me lungo il corridoio.
“Sono Adele, ma tutti mi chiamavano Dhely. Ubaldo Oppi, l’autore del mio ritratto, era mio marito” mi sussurra.
“Vorrei tanto accompagnarti.” aggiunge. “Posso?”
“Certamente” le rispondo sorridendo “Sarà un piacere vedere la mostra insieme a te”.
C’è un’aria incantata, nel corridoio, un’atmosfera rarefatta che non vogliamo scalfire.
Parliamo sottovoce, avvicinando i visi.
Se un’opera la colpisce, Adele me la indica con il suo sguardo verde e profondo.
“È stato un periodo stupendo, per l’arte, quello dal 1920 al 1935 .” mi dice “Poco importa se il Realismo Magico non è stato un movimento, ma una corrente che ha raccolto artisti differenti”.
“No” la correggo “il Realismo Magico è nato due anni prima, con la rivista Valori Plastici, fondata e diretta da Mario Broglio. Che pubblicò tra l’altro, Le figlie di Loth di Carlo Carrà”
“Le figlie di Loth… è esposto proprio qui dietro. Andiamo a vederlo”.
Dhely mi prende sottobraccio.
E mi trascina verso il capolavoro.
CARLO
È quasi un’Annunciazione, l’olio su tela di Carlo Carrà.
Eppure racconta la vicenda incestuosa -riportata nella Genesi- di due figlie che, pur di non interrompere la discendenza della propria famiglia, si fecero ingravidare dal padre.
Diversissima dalle opere degli artisti che in precedenza avevano trattato lo scabroso argomento, Le figlie di Loth di Carrà rappresenta due donne vestite.
Una di esse è incinta, con la mano sul ventre.
L’altra rimane in ginocchio davanti a lei.
Tra le due, un cane che inizialmente era un unicorno.
Un cippo funebre e un tempietto a rammentare la morte.
Vicino a quest’ultimo, in cielo, il punto di fuga del dipinto.
“Un’immagine come questa è capace di trasformare un evento drammatico come l’incesto in qualcosa di puro” afferma Dhely.
“Merito del rigore geometrico, della luce, della sospensione del tempo” penso io “Gli stessi che ritroviamo nel Pino sul mare”.
“Lo sapevi che all’inizio della sua carriera Carlo è stato Futurista?” un po’ di pettegolezzo non guasta, deve pensare Adele. “Fu dopo una litigata di due ore e mezza con Marinetti, che ruppe con il movimento. Aveva intuito che il solo nuovo non bastava più”.
“Sì, lo so: dopo aver combattuto nella Grande Guerra aderì al Realismo Magico. Traumatizzato, era stato ricoverato in manicomio nella stessa stanza di Giorgio De Chirico. Un medico consigliò loro di continuare a dipingere per elaborare lo shock. Medico illuminato: grazie a lui, il loro genio si aprì a nuovi orizzonti”.
GIORGIO
“L’opera d’arte metafisica è quanto all’aspetto serena; dà però l’impressione che qualcosa di nuovo debba accadere in quella stessa serenità e che altri segni, oltre a quelli già palesi, debbano subentrare sul quadrato della tela. Tale è il sintomo rivelatore della profondità abitata.” La signora Oppi sospira. “Questo l’ha detto De Chirico nel 1919. Non ti pare la definizione del Realismo Magico?” mi chiede.
“Certamente.” convengo “Anche nei suoi quadri aleggiano il tempo sospeso e un mistero angosciante. Ecco perché, negli anni Cinquanta, De Chirico ha affermato di essere l’inventore del Realismo Magico. Ed ecco il perché, in questa mostra, sono presenti i suoi Autoritratto del 1920 e Ottobrata del 1924 ”.
NATALINO
“Ma a te non capita di provare disagio, davanti alle opere di Cagnaccio?” domando a Dhely, incamminandomi insieme a lei verso il quadro Dopo l’orgia.
“Era un tipo mica del tutto normale, sai? Si definiva Cagnaccio di San Pietro, ma il suo vero nome era Natalino Bentivoglio Scarpa: un ribelle, anarchico, anticonformista. Persino il suo Realismo Magico era differente: nella sua forma compatta e precisa, quasi fotografica, richiamava la Nuova Oggettività tedesca.” Lo stile di questo pittore mi indispone, e fatico a tenere bassa la voce. “Ha rischiato di passare dei guai con quest’opera. Denunciava i costumi licenziosi del regime, come testimonia il polsino con lo stemma del Fascio”.
“Sì, ma guarda quella donna dal corpo più rosato delle altre, rannicchiata in posizione fetale” mi interrompe Adele poggiandomi una mano sulla spalla come per tranquillizzarmi. “Non si tratta solo della sofferenza per l’abuso subito, trasmette anche il dolore del mondo”.
Ha ragione, la mia amica.
D’ora in poi guarderò a Cagnaccio con occhi diversi.
MAGIA
Talmente reale da risultare irreale: la definì così, Vasilij Kandinskij, quella nostalgica corrente che proponeva il ritorno a forme confortanti, rassicuranti, familiari.
Si trattava di una reazione allo smarrimento in cui la prima guerra mondiale aveva gettato l’umanità.
Facendo sentire tutti responsabili del conflitto.
E nessuno, come insegnava Freud, padrone di se stesso.
Una reazione alla crisi del Positivismo, l’ottimismo contagioso che aveva acceso le luci della Belle Époque.
Una reazione alle avanguardie -il Cubismo in Francia, il Futurismo in Italia, l’Espressionismo in Germania- che, negli anni Dieci del Novecento, avevano proposto l’abolizione delle forme d’arte esistenti.
Gli artisti ritornavano a forme equilibrate e pulite, all’evocazione ma non all’imitazione, al tempo sospeso.
Era l’arte di Piero della Francesca, riscoperta in chiave moderna nel 1913 dal critico Roberto Longhi.
Quel Piero della Francesca inventore della prospettiva: fede e ragione insieme, ordine e matematica accomunati in una regola eterna.
Si trattava sempre e comunque di realismo.
Ma, questo, era un Realismo Magico.
COME PRIMA
L’ultima ora della notte lascia spazio alle prime luci del giorno.
Il silenzio nella galleria è ancora una volta rassicurante, irreale.
Ma ora tutto deve tornare come prima.
Adele mi saluta con un movimento quasi impercettibile delle labbra, mentre rientra nella cornice modanata.
Si aggiusta l’abito morbido.
Si accomoda i capelli con un tocco lieve.
Appoggia la mano destra alla balaustra.
E mi rivolge ancora una volta uno sguardo del colore del cielo e del mare che la circondano.
Tocca a me.
Con un balzo leggero sono nello studio dipinto.
Raggiungo il mio scranno davanti alla finestra.
Siedo sul tessuto damascato.
Accarezzo con la punta delle dita la mia gonna chiara.
Poi ruoto piano la testa.
Discosto un pochino i piedi.
Appoggio le braccia allo schienale.
Distendo, morbide, le mani.
E, proprio come prima, abbasso le palpebre.
Questo articolo è ispirato alla lezione dedicata al Realismo Magico, tenuta online il 20 gennaio 2022 da Alessandra Gennaro.
Mi scuso per eventuali errate interpretazioni, scorrettezze, omissioni.
E, soprattutto, per le divagazioni frutto della mia fantasia.
Ringrazio Alessandra per le splendide conferenze, l’amica Nadia Pezzini per la preziosa consulenza e la carissima Anna Martellato per avermi prestato una frase del suo romanzo “La prima ora del giorno”.
RISOTTO SUPERVELOCE ALLA ZUCCA, CON SCAMORZA AFFUMICATA E ROSMARINO (AMC)
Equipment
- Unità di cottura AMC da 20 cm – 4 litri
- Coperchio Secuquick AMC
- Navigenio (opzionale)
- Audiotherm
Ingredienti
PER LA CREMA DI ZUCCA
- 300 g di polpa presa da una ZUCCA cotta come indicato
PER IL RISOTTO
- OLIO EXTRA VERGINE di OLIVA
- CIPOLLA TRITATA
- SALE
- 200 g RISO CARNAROLI
- VINO BIANCO
- 500 ml ACQUA BOLLENTE
- 10 g DADO VEGETALE (io ho usato il dado vegetale bio senza glutammato Bauer)
- 40 g BURRO
- 80 g SCAMORZA AFFUMICATA
- ROSMARINO
Istruzioni
PREPARO LA CREMA DI ZUCCA
- PRERISCALDO il FORNO (ventilato) a 200°C.
- TAGLIO a metà la ZUCCA, rimuovo i semi e i filamenti interni.
- CON UN COLTELLO a mandorla (quello che si usa per il parmigiano), a distanza di 5-7 cm l’uno dall’altro, pratico una serie di piccoli TAGLI su tutta la scorza delle due mezze zucche.
- METTO le due mezze ZUCCHE in FORNO in una teglia foderata con carta forno, avendo cura che le parti tagliate, rivolte verso il basso, vadano a contatto con la carta.
- CUOCIO per circa UN’ORA (o almeno fino a quando le mezze zucche non risulteranno morbide). Le lascio raffreddare nel forno.
- TOLGO dal FORNO dopo che si saranno completamente RAFFREDDATE.
- RIMUOVO la SCORZA e FRULLO la polpa della ZUCCA: devo ottenere una CREMA.
- USERÒ parte di questa crema per il risotto. La rimanente verrà congelata.
PREPARO IL RISOTTO
- NELL'UNITÀ di cottura AMC (20 cm, 4 litri) faccio SOFFRIGGERE la CIPOLLA tritata con un cucchiaio d'OLIO e un pizzico di SALE. Posso farlo su una fiamma media oppure sul Navigenio regolato su 6. P.S: Sì, lo so che gli chef non preparano più il risotto con il soffritto, ma secondo il Paffu (e la sottoscritta) è molto meglio così.
- AGGIUNGO il RISO e lo faccio tostare per qualche istante.
- BAGNO con il VINO bianco, faccio evaporare.
- UNISCO l’ACQUA bollente e il DADO VEGETALE.
- CHIUDO con il Secuquick, PROGRAMMO l’Audiotherm su P SOFT. Al raggiungimento della temperatura, abbasso al minimo la fiamma e faccio CUOCERE per 3 minuti. È possibile utilizzare NAVIGENIO, programmandolo su A e impostando Audiotherm su P SOFT per 3 minuti. Una volta completata la cottura, RAFFREDDO la pentola sotto il rubinetto, la APRO e la rimetto sul fuoco (o su Navigenio regolato su 5-6).
- UNISCO la CREMA di ZUCCA e la amalgamo al risotto.
- AGGIUNGO una noce di BURRO, se necessario aggiusto di SALE.
- ALL’ULTIMO MOMENTO, unisco la SCAMORZA AFFUMICATA a pezzetti. AGGIUNGO le foglie di ROSMARINO tritate grossolanamente. Qualora esse non fossero gradite, posso aromatizzare il risotto aggiungendo un rametto di rosmarino ben legato, che rimuoverò immediatamente prima di servire. Mescolo bene.
- LASCIO MANTECARE per qualche istante prima di servire.
- IMPIATTO, decoro con una fetta sottile di SCAMORZA e un piccolo ramo di ROSMARINO.
Note
Pane per i tuoi denti
Valeria De Rossi. Una dentista, una pasticciera, una food blogger. Sono io. Entusiasta di natura, pignola per professione, amo i romanzi ben scritti, il Victoria Peak di Hong Kong, le torte alla mandorla, la mia Nikon e tutti i dispositivi marchiati Apple. I miei difetti? Sono permalosissima e per niente sportiva.
Tonia 30 Gennaio 2022 (15:30)
Che racconto fantastico, scritto benissimo! Ho avuto l’impressione di camminare insieme a Silvana (con la voce della mitica Alessandra) e Adele. Che dire, solo grazie.
Pane per i tuoi denti 30 Gennaio 2022 (19:19)
Grazie, cara Tonia!
Ti confesso che anch’io, scrivendolo, ho avuto la sensazione di essere insieme a loro.
E che Ale fosse con me.
Un abbraccio grande.
Valeria
Manu 28 Gennaio 2022 (18:04)
Che meraviglia Valeria.
Purtroppo non ho potuto seguire la lezione di Ale, ma mi sono lasciata accompagnare da te in questa bellissima visita notturna al museo.
Grazie per l’eleganza e la ricchezza di particolari
Il risotto è altrettanto invitante e si anch’io amo il soffritto
Un abbraccio a presto
Manu
Pane per i tuoi denti 28 Gennaio 2022 (18:34)
Che dire?
Sono commossa…
Un bacione.
Valeria
Marina 28 Gennaio 2022 (16:33)
Grazie!
Pane per i tuoi denti 28 Gennaio 2022 (17:53)
Mi hai intercettata al volo, cara Marina.
Grazie, grazie davvero a te.
Un abbraccio.
Valeria