INTESA INTERNAZIONALE (INSEGUENDO PISANELLO) & GLI SCONES DI ALE

È scattato qualcosa, tra quei due.
Qualcosa di speciale, che li calamita l’uno verso l’altro.
Qualcosa che li intimorisce.

E così, eccoli di nuovo qui, il commissario Salvo Montalbano e l’ispettore Petra Delicado.
Questa volta impegnati a investigare sul Gotico Internazionale e su Antonio di Puccio Pisano detto il Pisanello.

Chissà, magari potrebbero partecipare anche loro agli splendidi WebinARTE di Alessandra Gennaro…


PALAZZO DUCALE (MANTOVA) – SALA DEI PAPI: PISANELLO, SINOPIA (1430-1440)

INTESA INTERNAZIONALE

Guarda a lungo lo schermo del telefono, il commissario Salvo Montalbano.
Si sofferma sull’icona in bianco e nero con la foto di un ragno.
Non sa decidersi.

Poi clicca il tasto “invia”.
E il messaggio WhatsApp parte.

“No, non ce l’ho fatta: ho dovuto cercarti.
E ti ho trovata.
Vuoi sapere come? Sono tornato al bar del porto, ho chiesto informazioni su di te. Le ho ottenute.
Trovare il tuo numero, poi, è stato un gioco da ragazzi.
Del resto, sono un commissario di polizia, indagare è il mio mestiere”.

Nessuna spunta azzurra.
Nessuna risposta.

Solo dopo una settimana compare la notifica con il nome di Petra.
Sette giorni eterni, durante i quali, per non pensare, lui si è buttato a capofitto nel lavoro.

Petra.: “Ti rispondo solo perché sei un mio superiore.
Che sono un ispettore di polizia, ne sono certa, lo sai già.
E sai anche che, nel nostro ambiente, le “amicizie” tra colleghi non sono ben viste”.

Montalbano: “Se rispondermi ti è di peso, chiudiamola qui”.

Petra: “Non mi è di peso.
Ma tu sei fidanzato con una donna di Genova, e non mi va di invischiarmi in una storia che può portare solo rogne”.

Montalbano: “Una fidanzata genovese? Allora hai indagato anche tu: io questo non te l’ho mai detto”.

L’ispettore Delicado invia un emoticon.
Ma lo cancella subito.
Il commissario non ha il tempo di vederlo.
Rimane solo la scritta grigia “Questo messaggio è stato eliminato”.
Montalbano: “Comunque io non ti sto chiedendo di avere una storia, ma di condividere la nostra passione per l’arte. Raramente ho incontrato una persona con la tua preparazione, una persona con cui sia così piacevole parlarne”.

Petra: “Non sono convinta che sia una buona idea. Comunque proviamoci”.

“Ti va se inizio io?” le scrive Salvo, “Sono a Mantova sulle orme del Pisanello”.


PALAZZO DUCALE (MANTOVA) – SALA DEL PISANELLO: PISANELLO, BOHORT AL TORNEO DEL RE BRANGOIRE (1430-1440)

“Ma dai!” replica lei “In questo momento io sono a mezz’ora di strada da te, a Verona.
Se non erro, Antonio di Puccio Pisano è nato da madre veronese, e in questa città ha lasciato alcuni dei suoi capolavori.
Ma, di lui, non so molto di più: al liceo, la prof l’aveva addirittura saltato”.

Il commissario cerca di non pensare al fatto che domani anche lui sarà in provincia di Verona, all’aeroporto, in partenza per Catania.

Le risponde: “Più che probabile, che la tua insegnante il Pisanello non l’abbia trattato: dell’opera di questo artista ci è pervenuto meno del 10%. Moltissimo è andato perduto: gli affreschi di Venezia e di Pavia. Soprattutto, i dipinti di San Giovanni in Laterano a Roma, da lui eseguiti a completamento di quelli di Gentile da Fabriano”.

Petra: “Di questi ultimi ho sentito parlare, soprattutto per il fatto che, prima di morire, il maestro consegnò fisicamente ad Antonio i propri strumenti del mestiere”.

E meno male che ne sapevi poco, riflette Montalbano, leggendo i messaggi.

Mentre digita sull’iPhone, la giovane ispettore ricorda il vecchio testo di storia dell’arte -il Negri Arnoldi- unico libro del padre che lei abbia portato nella sua nuova casa.

“Nitida definizione delle forme, gusto naturalistico e cura minuziosa del particolare”, c’era scritto sulle note appuntate in matita vicino alle immagini un po’ sbiadite, alla pagina ingiallita dedicata al pittore.

Più sotto, sottolineata da una linea blu irregolare, la definizione “artista di transizione tra il Tardo-gotico e il Rinascimento italiano”.

“Pisanello è nato alla fine del XIV secolo. La sua morte, intorno al 1450, decretò la fine del Gotico Internazionale”, recita il commissario.

“Il Gotico! Che fosse chiamato Internazionale, Cortese, Fiorito, Tardo, oppure Dolce, rimane lo stile che più ho amato.
Si trattava di una cultura laica nata per contrastare la sfiducia causata da guerre, pestilenze, crisi politiche e spirituali.
Di un’espressione diffusa in tutta Europa, frutto dello scambio di esperienze.
Di uno stile ideale, sereno ed elegante.
In un mondo in cui, alle rivolte del popolo e all’affermazione della borghesia, si contrappose un’arte in grado di sublimare il decoro della nobiltà”, rimanda Petra.

Salvo, seduto a uno dei tavolini di marmo della pasticceria Caravatti, a due passi dal Palazzo Ducale di Mantova, gira il cucchiaino nel caffè mentre sposta lo sguardo dal pavimento a scacchiera allo schermo del suo Galaxy.

L’intelligenza, l’intuito, la preparazione di questa donna continuano ad affascinarlo e a coinvolgerlo.
Suo malgrado.

Da lei gli arriva un altro messaggio: “Alla ricerca del Gotico Internazionale, prima del Covid, ho toccato con mano l’armoniosa complessità del duomo di Milano, la verticalità della cattedrale di Rouen, la bellezza delle chiese e del Ponte Carlo di Praga. E, a Digione, mi sono commossa davanti alla perfezione di quel Pozzo dei Profeti che ha ispirato Van Eyck e, di conseguenza, l’arte fiamminga”.

“A Verona c’ero già stata.” Petra continua con un nuovo invio. “Pochi sanno che i suoi signori, gli Scaligeri, dimostrarono di essere più avanti addirittura dei Gonzaga e della famiglia D’Este. E che questa è la città da cui Venezia ha attinto le proprie innumerevoli bellezze gotiche, che ancora oggi si sdoppiano riflettendosi nell’acqua dei canali”.


PISANELLO, MADONNA TRA I SANTI ANTONIO ABATE E GIORGIO – PARTICOLARE (1445 circa)

Montalbano, leggendola, rimugina sulla possibilità di raggiungere la donna.
È nervoso, si piega in avanti, si appoggia di scatto allo schienale della poltroncina verde salvia.
Appallottola la salvietta di carta che il cameriere gli ha portato insieme al caffè.
La stringe forte nel pugno, la getta nella tazzina.

Poi mette sul silenzioso il telefono, si alza, paga alla cassa e senza una parola esce dal locale.

Cammina pensieroso sotto i portici, scansando corrucciato i turisti.
E raggiunge Piazza Sordello, bella e impeccabile come lo scenario di un teatro.

Il Palazzo Ducale di Mantova è immenso.
La mostra ne occupa solo una piccola parte.

La sala dei Papi lo entusiasma fin quasi a fargli comparire sulle labbra un accenno di sorriso.

I disegni neri e rossi delle sinopie, strappati grazie a quel rullo esposto in fondo al locale e qui riportati, sono di una modernità incredibile, di un dinamismo quasi paragonabile a quello delle opere dei futuristi.

Proprio in questo momento, il telefono vibra: Petra gli ha inviato alcune immagini di Verona.

Sono quasi tutte foto scattate nelle chiese di San Fermo e di Sant’Anastasia, e rappresentano quegli affreschi del Pisanello che solo la città scaligera ha compreso e salvaguardato.



“Questa Annunciazione -posta a completamento di un imponente sepolcro- è poco conosciuta, ma magnifica” è il commento che accompagna le immagini. “Vasari la definisce la Vergine Annunziata dall’Angelo: le quali due figure, che sono tocche d’oro, secondo l’uso di que’ tempi, sono bellissime, sì come sono ancora erti casamenti ben tirati, e alcuni piccoli animali, et uccelli, sparsi per l’opera tanto propri e vivi, quanto è possibili immaginarsi”.

Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, con questa donna, continua a pensare il commissario.
E Verona si fa sempre più vicina.

Anch’egli incomincia a scattare fotografie.
Spedisce quella più significativa a Petra.

È la rappresentazione di una decapitazione.
Cruenta.
Feroce.
Eppure perfetta.

Ha la stessa perfezione, regala la stessa emozione dell’immagine di quel cavaliere morente sdraiato in terra in mezzo alla calca, nell’affresco della sala del Pisanello: scomposto, con i capelli scarmigliati, con gli occhi socchiusi, ma ancora elegante nell’armatura curatissima, con il mantello decorato da pizzi raffinati.

“L’affresco si svolge da destra verso sinistra e propone un episodio del ciclo arturiano: il torneo organizzato dal re Brangoire.
Il combattente più valoroso potrà sposare la figlia del sovrano.
E sarà Bohort, cugino di Lancillotto, il campione della giornata” è l’unica descrizione che parte dal suo Samsung.

Finito di scrivere, Montalbano si guarda intorno.
Apprezza il fatto che il locale sia stato modificato per la mostra: il pavimento è stato rialzato e riportato nella posizione originaria, le luci hanno la stessa collocazione che avevano ai tempi in cui il vano è stato affrescato.
Apprezza anche che questa sala, per lungo tempo adibita a cucina e per secoli mortificata da intonaci che coprivano i dipinti, sia tornata all’antico splendore.


BASILICA DI S. ANASTASIA (VR): PISANELLO, SAN GIORGIO E LA PRINCIPESSA (1433-1438)

Un’altra vibrazione: gli arriva la foto di San Giorgio e la Principessa, ripresa da Petra nella basilica di Sant’Anastasia.
Inquadrata dal basso, da lontano.
Perché questo affresco, l’artista, l’ha dipinto sopra l’immenso arco della Cappella Pellegrini.

Anche lei alla ricerca di Pisanello, borbotta Salvo, chissà perché…

“Un drago si accinge a divorare la figlia del re di Trebisonda. San Giorgio sta per imbarcarsi per andare a ucciderlo. La principessa, elegantemente vestita, con un’acconciatura molto elaborata e quell’alta attaccatura dei capelli ottenuta depilandosi sulla fronte con una candela accesa, osserva muta la scena” è la didascalia inviata dall’ispettore Delicado. “Anche il paesaggio sembra partecipare al clima rarefatto: la parte superiore dell’affresco è occupata da un’alta rupe e da una ricchissima architettura. È un’atmosfera fiabesca, rotta però dalle notazioni grottesche del Gotico Internazionale: sullo sfondo si vedono infatti due impiccati, uno addirittura coi pantaloni abbassati. È un affresco malinconico e splendido, e ti assicuro che vale il viaggio”.

Montalbano cerca di non riconoscere, in queste ultime parole, un invito.
No, non le scrive una risposta.


PISANELLO, FILIPPO MARIA VISCONTI IN ARMI CON SCUDIERI (1441 circa)

Cerca invece di concentrarsi sulle opere esposte.
Le medaglie, orgoglio del Pisanello, alle quali si ispira ancora la medaglistica dei giorni nostri.
I disegni, acquistati dal Louvre e attribuiti inizialmente a Leonardo, a riprova della considerazione di cui il pittore ha goduto nella storia.

Scatta fotografie a raffica.
Le spedisce a Petra con un unico commento: “Ma perché, perché un artista di questo livello è stato nel tempo quasi dimenticato?”

La risposta non tarda ad arrivare: “Perché ha sottostimato l’importanza della prospettiva”.

Eppure la prospettiva è presente, nel meraviglioso Madonna tra i Santi Antonio Abate e Giorgio, l’unico quadro firmato da Pisanello, prestato alla mostra di Mantova dalla National Gallery of London.
Una “ardita impostazione prospettica”, come la definirebbe il testo del padre di Petra. Evidenziabile soprattutto nella figura del santo con campanella e tau.

Nell’opera, a colpire Montalbano, è però il signorile abbigliamento di San Giorgio, agghindato con un enorme cappello e accurate finiture d’oro.


PISANELLO, MADONNA DELLA QUAGLIA (1420 circa)

Salvo si sofferma davanti a un altro capolavoro: la Madonna della Quaglia.
Una Vergine giovane, aristocratica, delicata.
Seduta senza trono in un hortus conclusus.
Circondata da tanto oro, da rose e da angeli che ricordano le rondini.
Accompagnata da una santa Caterina in atteggiamento vezzoso, accanto alla quale spicca una quaglia, simbolo del cibo che salvò il popolo d’Israele.

“Questo quadro appartiene al Museo di Castelvecchio, di Verona” scrive il commissario all’ispettore, inviando insieme al messaggio l’immagine dell’opera, splendida benché sfocata a causa dei riflessi sullo sfondo oro “Ma tu non potrai vederla, perché ora è qui a Mantova”.

Adesso l’invito è partito da lui.
Ma, anche stavolta, non arriva alcuna risposta.

Montalbano non se n’è quasi accorto, ma sono trascorse quasi quattro ore, da quando ha iniziato la sua visita a Palazzo Ducale.

Alle 18,15 è alla stazione dei pullman, alle 19,30 sarà all’aeroporto di Verona.

Domani ripartirà per la Sicilia.
Per la notte, ha prenotato una stanza nell’hotel vicino all’aeroscalo.

Dorme un sonno agitato, in cui i personaggi di Pisanello si sovrappongono al viso di quell’affascinante donna conosciuta a Genova.

Si sveglia tardi, stanchissimo.
Sotto la doccia, si chiede se sia il caso di ritornare a Vigata.

Indossa l’accappatoio, si veste, prepara la borsa in ecopelle nera ricevuta da Livia per Natale.

Guarda a lungo lo schermo del telefono, proprio come aveva fatto prima di spedire il primo messaggio.

Chissà se vuole davvero raggiungere Petra…

Si informa: per arrivare a Verona deve prendere un taxi.

Cerca il numero.
Lo digita.
Fa partire il messaggio registrato “Unione Radiotaxi, La preghiamo di attendere”.
Lo ascolta fino alla fine.

Poi, senza parlare, chiude la comunicazione.
Esce dalla stanza, consegna alla reception la tessera magnetica, esegue il check out, raggiunge a piedi l’aeroporto.

E, per non saper né leggere né scrivere, si avvia verso il gate dell’aereo che lo riporterà in Sicilia.


Questo articolo è ispirato alla lezione dedicata al Pisanello e al Gotico Internazionale, tenuta online da Alessandra Gennaro.


Mi scuso per eventuali errate interpretazioni, scorrettezze, omissioni. E, soprattutto, per le divagazioni frutto della mia fantasia.


Ringrazio Alessandra per le splendide conferenze
.

Grazie anche ad Alicia Giménez Bartlett e al compianto Andrea Camilleri per avermi prestato i loro personaggi.

Stavolta, le fotografie sono mie.


GLI SCONES DI ALESSANDRA

GLI SCONES DI ALESSANDRA (IN PIEDI, SIGNORI, DAVANTI A QUESTA DONNA!)

Ho assaggiato per la prima volta gli SCONES nella lounge dell'aeroporto di Heathrow, aspettando il volo per Hong Kong, ed è stato subito amore. Un sapore semplice ma non banale, una consistenza particolarissima, queste specialità gastronomiche scozzesi nascono per accompagnare il tè e possono essere servite con confetture, clotted cream (una densa panna ottenuta da latte non pastorizzato), miele o lemon curd. La ricetta è di Alessandra Gennaro, che, con la perfezione di questi SCONES, dimostra tutta la propria ecletticità.
Preparazione10 min
Cottura18 min
Tempo totale28 min
Portata: Dessert
Cucina: inglese
Porzioni: 25 pezzi

Ingredienti

  • 250 g FARINA 00
  • 2 g BICARBONATO DI SODIO
  • 4 g CREMOR TARTARO
  • 50 g BURRO freddo a dadini
  • 150 g LATTE

Istruzioni

  • PRERISCALDO il FORNO a 180°C, in modalità VENTILATA.
  • IN UNA CIOTOLA piuttosto ampia unisco FARINA, SALE, BICARBONATO, CREMOR TARTARO. Amalgamo le polveri con un cucchiaio di legno.
  • UNISCO il BURRO, lo incorporo schiacciandolo con le dita fino a ottenere una consistenza granulosa.
  • AGGIUNGO 130 g di LATTE, mescolando con il cucchiaio di legno. Una volta incorporata la prima porzione di latte, sempre impastando, unisco poco alla volta gli altri 20 g. Smetto di aggiungerne non appena ottengo una consistenza elastica ma non appiccicosa.
  • TRASFERISCO l'IMPASTO sulla spianatoia e lo lavoro con le mani per 2-3 minuti.
  • LO STENDO con il MATTARELLO, portandolo a uno spessore di circa 1,5 cm.
  • CON UN COPPAPASTA rotondo del diametro di 3,5 cm taglio 25 DISCHETTI, che dispongo -distanziati- su una leccarda foderata di CARTA FORNO.
  • SPENNELLO la superficie con LATTE (Ale usa UOVO sbattuto con un po' di LATTE , ma io non ne amo l'odore).
  • INFORNO e CUOCIO per circa 18 minuti.
  • UNA VOLTA giunti a doratura, tolgo gli SCONES dal forno e li trasferisco su una griglia.
  • LI SERVO per il tè con CONFETTURA di FRAGOLE o di LAMPONI, BURRO, CLOTTED CREAM, LEMON CURD o MIELE.
  • SONO OTTIMI sia FREDDI che TIEPIDI.
  • SI POSSONO anche CONGELARE e scaldare in forno al momento del consumo. Alessandra li congela tenendoli in un sacchetto di nylon per alimenti. Una ventina di minuti prima di consumarli, accende il forno e immediatamente dopo li toglie dal freezer. Li lascia a temperatura ambiente per 15 minuti, poi spegne il forno e ce li lascia dentro per 5-6 minuti. Il risultato? Come appena sfornati!

Note

GLI SCONES: Sono una delle immancabili delicatezze servite in Inghilterra con il tè. Si tratta di morbidi paninetti rotondi, dal sapore neutro, che vengono farciti o con ingredienti dolci o salati. Richiedono pochi minuti per essere preparati e hanno una lievitazione breve, che avviene direttamente durante la cottura. – FORNO: Quelli indicati nella ricetta sono tempi e temperature di cottura effettivi (la temperatura è stata misurata con termometro a sonda) per il forno Gaggenau; per altri forni, potrebbero essere diversi. Se non indicato diversamente nel testo, la cottura avviene ponendo il cibo al secondo livello del forno, incominciando dal basso. – FONTE: Questa è la ricetta di Alessandra Gennaro, che ringrazio infinitamente. – SE VI È PIACIUTA QUESTA RICETTA, provate anche i BURGER BUNS.

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