LA TIGRE, IL DRAGONE & LE UOVA AL VAPORE QUASI TEPPANYAKI (AMC)

Ormai lo sanno tutti: io, la Tigre in cucina, lo scorso marzo ho visitato la Cina.
La Cina Popolare, intendo.
Quella della periferia, quella che nessun turista vede.

Ci sono stata con il Paffu, che ha voluto portarmi con sé per la quarta volta.
Durante i tragitti e le soste, ho annotato ciò che mi colpiva.

Per non dimenticarlo, e perché il Dragone -anche stavolta- ha lasciato il segno…

LA TIGRE E IL DRAGONE

CITTÀ E PERIFERIA

Alloggiamo a Shantou, vicino al mare.

Il centro è bellino, con palazzi moderni, a volte ricoperti di luci che creano effetti animati.
Ci sono negozi imitazione Mac e Adidas, e tanti tanti ristoranti.

La periferia dove il Paffu lavora, invece, nell’entroterra a circa 30 km dalla costa, è più grigia.
Anche se, rispetto alla mia ultima visita di sedici anni fa, qualcosa è migliorato.

Quella delle periferie è la Cina non turistica, la Cina della gente che lavora…
Ogni regione ha la propria specializzazione: noi ci troviamo nella zona in cui si producono i giocattoli.

Sono riconoscente al Paffu di avermi fatto conoscere questa parte del mondo che come turista -scusate la ripetizione- non avrei mai potuto vedere.

IL TRAFFICO

Certe strade ti riportano indietro di 50 anni: poche auto, innumerevoli mezzi a due ruote, furgoni e camion decisamente retro.

Qui guidano in maniera molto più disinvolta che da noi.

Escono dagli stop senza guardare, attraversano a piedi o in bici anche se c’è rosso.
Ho visto mamme con due o tre bimbi su un unico scooter e, cosa che mi ha fatto venire la pelle d’oca, senza protezioni.

Purtroppo, essendo sempre in auto, ho difficoltà a fotografare, ma in giro ci sono tricicli che trasportano materiale che è circa cinque volte il loro volume.

Mi fanno spaccare i semafori per i pedoni: l’omino verde, anziché fisso, è animato…

LE BARRIERE

A Shantou attraversare la strada è una missione impossibile.

Le grandi vie che percorrono la città sono divise per immani tratti della loro lunghezza da barriere spartitraffico.
Che si tratti di strisce sopraelevate ricoperte di vegetazione o di “ringhiere” bianche punteggiate di cartelli -di cui peraltro non sono riuscita a conoscere il significato- il risultato non cambia: se vuoi passare dall’altra parte devi percorrere a piedi centinaia e centinaia di metri alla ricerca di un pertugio.

I cinesi oltrepassano (è proprio il caso di dirlo) il problema scavalcando tali divisori.
E, ieri sera, quella pazza della vostra amica ha fatto altrettanto.

Ero stanchissima, pioveva, la visibilità era pessima.
Ma il mall, il centro commerciale che si trovava di fronte al ristorante dove stavamo mangiando, era -per me e per il giovane collega di Andrea- un richiamo irresistibile.

Conoscete il mio assoluto rispetto per leggi e regole.
Quindi potete esserne certi: io non lo volevo fare.

Ma le luci ammiccanti e i colori mi dicevano “Dai, vieni!”.
E -soprattutto- non volevo sentirmi vecchia.

Così, ho scavalcato.
All’andata e al ritorno.
In maniera più sciolta di quanto mi aspettassi.

Lo so: è stato un azzardo.
Mi sono trovata in mezzo a una strada trafficata con tutti i pericoli di una giornata piovosa.
La “ringhiera” bagnata mi ha infradiciato i jeans.
Chissà, magari ho anche rischiato l’arresto.

Ma mi sono sentita una ragazzina.
E, a sessantadue anni suonati, non è una sensazione da poco.

IL RUMORE

Insieme agli odori (di cui parlo più avanti), la prima cosa che ti colpisce quando arrivi qui è il rumore.

Rumore di clacson per strada.

Al semaforo, in particolare, quando scatta il verde, decine di scooter e motorini si muovono disordinatamente.
Sclacsonando tutti, per niente, incessantemente.
Le traiettorie si intersecano e tu ti aspetti -da un momento all’altro- che un “crash” si sovrapponga alle trombe.
E invece niente.
Non so proprio come facciano, ma se la cavano sempre.
Del resto, con i caschetti stile Barbie che si ritrovano, in plastica spessore carta velina, rischierebbero grosso (particolare buffissimo: questi caschi hanno spesso visiere a specchio che fanno somigliare i motociclisti a personaggi di un film di fantascienza).

Anche gli automobilisti suonano il clacson.
Ma, essendo il numero delle quattro ruote inferiore a quello delle due ruote, anche il rumore è meno marcato.
Il traffico in provincia non è particolarmente caotico.
A parte quella volta che siamo usciti da una fabbrica all’ora di punta e siamo rimasti invischiati in un ingorgo “a croce uncinata”.
Ho seriamente temuto che non ne saremmo più usciti.
Trombe a manetta, gente che faceva gestacci.

Grida.

Ecco un’altra fonte di rumore: le voci.
I cinesi parlano a voce altissima.
Direi proprio che urlano.

Gridano sempre, sia quando sono allegri che quando sono arrabbiati.

Ho assistito alla contrattazione tra il Paffu e la proprietaria di una fabbrica, una bella ed elegante quarantenne.
Mai visto nulla di simile: la signora l’ha aggredito gridandogli in faccia “Why don’t you like?” perché a lui non piaceva un articolo che lei voleva vendergli.
Ma lui le ha risposto: “Why do I like my wife and not another girl?”.
Che dire? Sono soddisfazioni…

IL FUMO

Il divieto di fumare esiste solo negli ascensori, non nei locali chiusi.
In ogni show room i nostri autisti si accendono la sigaretta, lasciando appiccicato ai nostri vestiti un odore a cui non siamo più abituati da anni. T

COPIE

Qui non si fanno scrupoli a copiare.
Pensate che mi è capitato di mangiare dei Ferrero Rocher e perfino una stecca di cioccolato Milka falsificati.

Sono tarocchi anche Louis Vuitton e il Mac.
Però Louis Vuitton e la Apple, per me, devono essere originali.
Parlare di copie è come bestemmiare in chiesa.

Ergo: aspetto tempi migliori per un giro di shopping serio…

GLI ASCENSORI

Nell’hotel Sheraton, dove alloggiamo, sembra di essere a New York: in un nanosecondo raggiungi il diciottesimo piano con un elevatore silenziosissimo foderato da marmi e ottone.

Ma i veri ascensori, qui, sono in realtà dei montacarichi di metallo ossidato o rivestiti da pannelli di compensato su cui spesso qualche buontempone ha disegnato con il pennarello indelebile donnine nude dotate di grosse tette.
Ci entriamo in otto/dieci persone. Dato che le indicazioni sono solo in cinese, a noi non è concesso sapere quale sia il peso massimo consentito.
Ciò naturalmente provoca una leggera ansia, in particolare quando la normale -comunque notevole- rumorosità si intensifica facendo temere il peggio…

I BAGNI

Il bagno del nostro hotel è strafigo, con una doccia grande come una cucina, uno stanzino separato per il WC, una vasca matrimoniale.
È diviso dalla camera da letto da un vetro, che è possibile oscurare grazie a una tenda elettrocomandata.

Ben diverse le restroom/toilets di cui dobbiamo servirci durante le nostre visite in giro.
Una volta risolto il problema di farsi capire dai cinesi chiedendo in inglese dove si trova il bagno (una volta ho dovuto mimare un “mi scappa la pipì”, grazie al quale ho fortunatamente evitato tracimazioni), le situazioni davanti alle quali mi trovo sono le più disparate.
Si passa da stanze dignitosissime e pulite, anche se frequentemente arredate in maniera un po’ troppo barocca, a locali su cui è preferibile stendere un velo pietoso. O magari anche una trapuntina.

Spesso al tradizionale gabinetto in versione WC o turca viene affiancato un orinatoio dedicato al sesso forte.
Un accessorio che la maggior parte delle donne occidentali ha visto solo nei film.

LA CARTA IGIENICA MULTIUSO

Quando si dice essere pratici.
Qui dappertutto si trovano pacchetti di fazzolettini come quelli della foto.
Le confezioni vengono lasciate così come sono o inserite in contenitori decorati.
Questi “foglietti” – di circa 10 cm x 10 cm- sono utilizzati indifferentemente per il naso, come asciugamani, come carta igienica.
E come tovaglioli…

ODORI E SAPORI

Spero non me ne vogliano i cinesi. Nella loro terra, per me, il problema rimarranno sempre gli odori: un miscuglio di aglio, glutammato, aromi vari che mi si attaccano ai vestiti e mi rovesciano lo stomaco…
Per non parlare dei sapori. Non riesco proprio ad affrontare i loro cibi, che -a detta del Paffu- sono ben diversi rispetto a quelli che troviamo nei ristoranti cinesi in occidente.

Come condimento utilizzano olio di mais o di semi.
Molto usato è lo strutto. E si sente.

Ho conosciuto verdure strane: una di queste è una specie di broccolo allungato: il cavolo cinese.

Qui si trova un tè delizioso: leggero, con un meraviglioso retrogusto di castagna.
Te lo servono a ogni pie’ sospinto – in piccolissime tazze, in scodellone, in bicchieri anni ‘70- e io non lo rifiuto mai.

UNA CENA DI PESCE

È ormai risaputo: io non mangio pesce.
Nonostante ciò, da tre sere i fornitori ci offrono cene a base di prodotti ittici.

A Verona me la sarei cavata con pane, olio e, nei giorni fortunati, qualche fetta di prosciutto crudo.
Qui no, perché nessuno di questi tre ingredienti è comunemente disponibile.

E stavolta mi è anche andata bene: l’ospite ha finto di non notare la mia “inappetenza”.
In altre occasioni, il piatto mi è stato riempito a forza.

Questi sono i momenti in cui più ADORO il Paffu: grazie ad anni di duro allenamento praticato con l’intento di fregarmi il cibo dal piatto, riesce a spazzolare con estrema nonchalance i miei voluminosi avanzi.

Il menu di stasera proprio non ve lo so elencare: troppe le portate, prodotti a me sconosciuti, cibi fritti, cotture elaborate.

Ho riconosciuto noccioline americane bollite, funghi, aragosta, anguilla, branzino, cavolo cinese, ananas, lumache di mare.
Tra le svariate fritture: calamari, carote e zucca.
Inutile dire che mi sono cibata quasi esclusivamente di bagigi.

Degli altri piatti, qualcosa ho assaggiato, cercando di non mostrare il mio disgusto per sapori che proprio non tollero.

Anche e soprattutto perché si dice che i cuochi cinesi siano più permalosi di me. E che, se provocati, sputino nel piatto del malcapitato avventore.

Un discorso a parte meritano le bevande, che, questa sera, consistevano in tè di fagioli -sì, avete capito bene, il brodo di cottura dei suddetti legumi- e cognac.

La Cina è il paese che, nel mondo, vanta il maggior consumo del liquore francese, e ho capito perché: la gente -oltre a essere tanta- beve cognac come noi beviamo acqua minerale.

La sottoscritta, astemia e schizzinosa, ha ringraziato Dio per l’intercessione della segretaria, che le ha fatto servire il mezzo litro d’acqua più agognato della sua vita…

LA CENA (MAGNIFICA!) TEPPANYAKI

Sicuramente voi, gente di mondo, l’avete già provato.
Per me è stato una specie di battesimo.
Che mi ha entusiasmata.

Teppanyaki non è una semplice maniera di cucinare: è un modo di essere.

Non puoi essere un Teppanyakki chef se non curi i particolari, l’ordine, le materie prime.

La sala dedicata a questa cottura di origine giapponese è particolarissima: potenti aspiratori, un lungo tavolo rettangolare occupato su tre lati dagli avventori, una enorme piastra di acciaio inossidabile al centro e sul quarto lato.

In pratica, i commensali e chi cuoce si trovano intorno allo stesso piano.

Un giovane cuoco dalla manualità straordinaria -e con un pizzico di teatralità- cucina sul piano di metallo un intero pasto.

Naturalmente c’erano alcune portate di pesce e affini che sono state girate a pie’ pari al nostro Paffu.
Ma le altre… che spettacolo!

La parte migliore -per la Valeria che ultimamente dimentica di essere una foodblogger, ma che in realtà lo è nel profondo- è stato osservare i movimenti precisi di questo ragazzo.
In divisa e cappello bianco, con una strana mascherina trasparente a proteggergli la bocca, egli ha manipolato il cibo con mano sapiente e due sole spatole, creando piatti semplici ma deliziosi.

Perfino la verdura e la mela- anch’esse cucinate sulla piastra rovente- avevano il loro perché.

Una fiammata finale ha concluso la serata, lasciandomi eccitata e felice come una bambina, tanto che ho faticato non poco ad addormentarmi.

IL LOOK

Mi sono fatta l’idea che gli abitanti del Guangdong vestano quasi esclusivamente di nero.

Gli uomini hanno una spiccata predilezione per tute decorate da scritte in inglese maccheronico e da improbabili brand.
Una valida alternativa sembrano essere jeans, maglietta scura e giubbino (quest’ultimo rigorosamente bicolore).
Capello corto e scarpe ginniche completano in genere l’insieme.

Ho visto un’unica cravatta, rossa, orgogliosamente sfoggiata con camicia a quadrettini e gilet imbottito (naturalmente nero!).

Il versante femminile va suddiviso in fasce d’età.

Le ragazze vestono in modo diverso a seconda della stazza.
Quelle secche secche indossano capi sobri e maglioni che nascondono il sedere.
Poche portano la gonna, che, quando c’è, è rigorosamente a metà polpaccio e associata a calzature basse con calzini, un accostamento che ammazzerebbe perfino Naomi.
Le grassottelle osano invece short possibilmente di pizzo e minigonne ascellari velate da pannelli di tulle.
Capelli lisci di lunghezza media con frangetta e scarpe basse, da tennis o mocassini, completano con maggior frequenza gli outfit.
I pochi tacchi che si vedono in giro sono medio-bassi, sottili e allargati alla base.

Un discorso a parte meritano le mie coetanee.
Capello corto spesso permanentato, indossano capi scuri abbinati alle tradizionali scarpe di pezza con laccetto.
Camminano incurvate in avanti, con lo sguardo un po’ triste. Ma questa è un’altra storia.

Mi aspettavo di meglio, dato che al nostro arrivo, durante il trasferimento da Hong Kong a Shantou, ero seduta vicino a una sessantenne decisamente più trendy.
Il total black era ravvivato da due strisce rosse sui lati dei pantaloni. In pratica come i carabinieri, ma in lurex.
A completare l’insieme, la sciantosa portava al collo una sciarpetta con svolazzanti estremità. Buttate all’indietro e così lunghe da far invidia a Audrey Hepburn.

Insomma, oserei dire che le più eleganti, qui, sono le persone in divisa.
Siano esse hostess di show room, custodi di parcheggio, vigili urbani o militari dall’espressione imperturbabile.
Del resto, in un paese con un regime come questo, era facilmente prevedibile.

Una curiosità: tre delle assistenti dei fabbricanti sfoggiavano ciabatte rosa (una le aveva addirittura a forma di coniglietto).

TEMPO & TEMPERATURE

Da ieri qui piove.
Il cielo ha il colore di una pentola AMC (perdonate la pubblicità al mio sponsor…).
Le immagini scattate attraverso i finestrini bagnati del taxi fanno schifo.

Il Paffu ha il sospetto che abbiamo beccato la stagione dei monsoni.
I vari travel blogger del web dicono che è ancora troppo presto.

Comunque piove.
Senza soluzione di continuità.
Una pioggia stupida che distrugge la mia messa in piega e obbliga i tantissimi cinesi in moto a coprirsi con grandi mantelle colorate.
Ho appena visto un’anziana donna (ooops! Mi sa che aveva la mia età…) che guidava un carrettino a pedali proteggendosi addirittura con due ombrelli: uno -arcobaleno- sopra, l’altro -a scacchi bianchi e neri- davanti.

Nonostante non abbiamo ancora beccato acquazzoni, nei punti declivi si creano delle pozzanghere dalle dimensioni abnormi, che il taxi guada a mo’ di traghetto. La mia metà sostiene che l’attuale situazione meteorologica è anomala: di solito marzo è caldino.
Invece finora io, nonostante indossi perennemente canottiera+camicia+maglionepesante+giubbinoimbottito, ho patito un freddo becco.
Dev’essere questione di lato B…

Comunque, le temperature esterne non sono nulla in confronto a quelle che vengono abitualmente mantenute nei locali chiusi, in cui l’aria condizionata è mediamente regolata sui 17 gradi.

In hotel, per esempio, c’è una temperatura polare.
Quando rientriamo la sera, io rimango con maglione e giubbino fino a quando non mi acclimato.
“Perché non ti fai una doccia calda?” direte voi.
Perché mi manca il coraggio di spogliarmi.

IL CAPODANNO CINESE

Quando ho visitato la Cina era passato da poco il Capodanno Cinese, la cui data -se non ho capito male- viene calcolata un po’ come la nostra Pasqua.

Il calendario cinese è di tipo lunisolare e i mesi iniziano con il novilunio.
Un anno dura dodici mesi. Gli anni embolismici -che hanno la funzione di compensare la differenza dei giorni tra l’anno solare e l’anno lunare- hanno invece una durata di tredici mesi.

L’anno nuovo cinese inizia in concomitanza con la prima luna nuova dell’anno, quindi la data può essere variabile tra il 21 gennaio e il 19 febbraio.
Nel 2019 l’anno cinese è iniziato il 5 febbraio.

I festeggiamenti durano quindici giorni e si concludono con la festa delle lanterne, durante la quale si esce per strada tenendo in mano lanterne rosse accese.
E così si spiegano le luminarie (elettriche) a forma di lanterna rossa che decoravano le strade di Shantou.

Per l’avvento del nuovo anno la casa è pulita a fondo: questo allontanerebbe la sfortuna. Inoltre, viene decorata all’interno e all’esterno con nastri e ninnoli di colore rosso.

Ci si veste di rosso, si sta in famiglia e con i parenti.

Ho scoperto che, il secondo giorno di festeggiamenti, le donne sposate possono tornare a far visita ai loro genitori. Che purtroppo incontrano di rado.

Le aziende cinesi, per il capodanno, chiudono generalmente i battenti.
Riaprono il quinto giorno: quello dedicato al dio del denaro.
Tutto il mondo è paese.

P.S.: Alle spose 2019 verranno regalate collane come quella della foto. Il numero dei maiali corrisponde al numero dei figli che si augura loro di avere…

I CANCELLI

Mai visto nulla di simile: fatta eccezione per alcuni sparuti casi in cui i cinesi provano a imitare i battenti dorati di Versaiiles, qui i cancelli scorrevoli sono a fisarmonica.
Vengono costruiti, naturalmente, in metallo.
Frequentemente in acciaio inox.
Una serie di archi su ruote collegati tra loro si allontanano e avvicinano l’uno all’altro per aprire e chiudere il passaggio.
Spesso non hanno alcuna rotaia, né sostegni.

Sono buffissimi: sembrano enormi bruchi che si muovono flemmaticamente.

LE SCOPE

Credevo di essere alternativa io, con la mia scopa a macchie bianche e nere simil-mucca.
Ma qui mi battono alla grande.
Nei numerosi bagni che in questi giorni ho frequentato, ho visto scope coloratissime e decorate.
Per pulire in allegria.

P.S.: Mi viene il fondato sospetto che anche la mia sia MADE IN CHINA.

IL BUCATO

Vabbe’, viviamo nell’era delle asciugatrici.
Però volete mettere il profumo del bucato asciugato al sole?

Ecco, pare che i cinesi la pensino allo stesso modo.
A parte il fatto che -almeno in questi giorni- qui il sole non si vede neanche di striscio, loro stendono all’aperto.

Su canne di bambù con le estremità appese a due pali della luce, su appositi stender probabilmente costruiti in casa, su tubi attaccati al muro, lungo le viuzze si vedono dovunque panni stesi.
I cinesi non utilizzano come noi le mollette, ma dei semplici attaccapanni di plastica.

Tutto molto essenziale e, se vogliamo, abbastanza pratico.
Ma, considerando la pulizia delle strade e la qualità dell’aria, dubito che la loro biancheria profumerà di fresco e pulito.

I BAMBINI

Non credo esistano al mondo bimbi con un viso simpatico come quello dei cinesini.
A differenza degli adulti, ti guardano dritto in faccia senza vergogna, ti sorridono e, prima di allontanarsi, ti fanno ciao -anzi, NiHao- con la manina paffuta.
Non ne ho visti molti, di bambini, durante il mio viaggio di sedici anni fa in Cina Popolare.
Questa volta ne ho incontrati di più.
Frutto forse dell’abolizione della politica del figlio unico.

C’è un piccolino che non dimenticherò: occhi stretti come fessure, visetto tondo, capelli a spazzola lunghi un millimetro.
Vestito con un giubbotto rosso e nero che gli arrivava alle ginocchia, correva oltre il vetro della vetrina di un negozio.
Aveva la stessa età e lo stesso modo di camminare in punta si piedi del mio nipotino Ettore.
L’ho guardato per un attimo, e mi sono sentita a casa.

Particolarmente bello è guardare i bimbi fuori dalle scuole.
Indossano tute bianche tutte uguali e lunghi fazzoletti rossi al collo.
I bordi delle tute hanno colori diversi, e indicano la scuola e la classe.

Come un fiume in piena, alla fine delle lezioni, sciamano in massa fuori dai cancelli, in sella alle proprie biciclette.
Durante la ricreazione, corrono e giocano facendo un casino del demonio.

Ma le loro grida riempiono di tenerezza noi nonni.
Come succede in ogni angolo del mondo.

IL RITORNO

Quando ho lasciato la Cina Popolare, mi sono ritrovata nel mio mondo.
Un mondo moderno e affascinante.
Il mondo in cui una Tigre come me è a proprio agio.

Ciononostante, le emozioni che ho provato nelle strade fangose di certi villaggi rimarranno per sempre nei miei ricordi.
E il Dragone, in fondo in fondo, alloggerà per sempre nel mio cuore.

LE UOVA AL VAPORE QUASI TEPPANYAKI (AMC)
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L'UOVO AL VAPORE QUASI TEPPANYAKI CON EASYQUICK AMC
Lo giuro: ci ho provato in tutti i modi a farvi avere un uovo cucinato nel guscio. Insomma, come quello che ho mangiato nel ristorante Teppanyaki a Shantou. Ho comprato online il portauovo di metallo e ben due tagliaguscio. Ma il portauovo si è rivelato misura Lilliput e i tagliaguscio sono arrivati devastati. Per questo ho cambiato programma e cotto l'uovo in una piccola pirofila. Con un risultato -se possibile- migliore dell'originale.
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Tempo di preparazione 2 MINUTI
Tempo di cottura 5 MINUTI
Porzioni
PERSONE
Ingredienti
  • BURRO io ho usato quello al tartufo
  • 2 UOVA medie
  • SALE
  • PEPE a piacere
  • ERBE AROMATICHE a piacere
  • CROSTINI per servire
Tempo di preparazione 2 MINUTI
Tempo di cottura 5 MINUTI
Porzioni
PERSONE
Ingredienti
  • BURRO io ho usato quello al tartufo
  • 2 UOVA medie
  • SALE
  • PEPE a piacere
  • ERBE AROMATICHE a piacere
  • CROSTINI per servire
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Istruzioni
  1. COSPARGO di BURRO le pirofile. Se utilizzo burro non aromatizzato, distribuisco sul fondo le ERBE.
  2. ROMPO le UOVA nelle pirofile. Aggiungo SALE. A piacere, spargo un po' di PEPE, qualche piccolo fiocco di BURRO e le eventuali ERBE AROMATICHE in superficie. Inserisco le pirofile nel cestello EasyQuick.
  3. VERSO 150 cc di ACQUA nell'unità di cottura EASYQUICK. Inserisco il cestello con le pirofile.
  4. PROGRAMMO l'Audiotherm sul settore VAPORE, tempo 4-5 minuti a seconda della cottura desiderata. Accendo il Navigenio sulla potenza A.
  5. UNA VOLTA trascorso il tempo programmato, servo le uova con CROSTINI caldi.
Recipe Notes

TEPPANYAKI: Il Teppanyaki (da teppan "piastra d'acciaio", e yaki "grigliato") è un tipo di cottura della cucina giapponese. Lo stile teppanyaki nasce nel 1945 dalla volontà di trovare il modo di cucinare e mangiare nello stesso "piatto". In questo tipo di cucina il maestro teppanyaki, provvisto di un grande cucchiaio, una forchetta e due spatole, mette a cucinare la pietanza cruda su una speciale piastra calda, il teppan, che fa parte del tavolo dove si trovano i commensali (da Wikipedia). - COTTURA: Questo piatto può essere cotto anche in maniera tradizionale, ma il sistema EasyQuick AMC associato alla fonte di calore mobile Navigenio permette di ottenere in pochi minuti una pietanza ottima e apprezzatissima. - SE VI È PIACIUTA QUESTA RICETTA, provate anche l' UOVO IN CAMICIA CON FONDUTA DI PARMIGIANO E FUNGHI.

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2 Comments

  • comment-avatar
    Isabella 21 Luglio 2019 (16:47)

    Oggi ho girato la Val di Non. E non solo! Grazie al tuo racconto potevo visibilmente conoscere una piccola parte della Cina, che credo, non andrai mai a vedere. Lo sai che la ricetta non andrò a provare, ma sei anche una travelblogger. Grazie e un abbraccio, Isabella

    • comment-avatar
      Pane per i tuoi denti 7 Agosto 2019 (14:32)

      Ti rispondo con un ritardo infame, di cui mi scuso.
      Grazie, Isabella, del tuo commento! In questo periodo della mia vita in cui cucinare mi pesa un po’, l’idea di trasformarmi in una travelblogger mi solletica da matti…

      Un abbraccio.

      Valeria