ANNA, IL PROFUMO DEL ROSMARINO & LE PATATE COME LE AVREBBE CUCINATE GIULIETTA
Quando la mia amica Anna Martellato esprime un desiderio, non posso esimermi dall’esaudirlo. Nei giorni scorsi, Anna mi ha chiesto di pubblicare un’altra fiaba. Come dire di no a qualcuno che ti scrive “È che mi piacciono tantissimo le tue favole”? Eccola, cara! Ed è dedicata a te…
IL PROFUMO DEL ROSMARINO
Non se n’era accorto nessuno.
Eppure erano fuggiti.
Così, Montecchi e Capuleti, le due famiglie rivali di Verona, si ritrovarono a piangere insieme la scomparsa dei figli.
Solo Anna sorrideva, nascondendo il volto con un lembo del mantello: era l’unica a conoscere la verità.
Anna era l’amica del cuore di Giulietta Capuleti.
Si conoscevano fin da quando erano bambine.
Avevano condiviso tutto: bambole di pezza, piccoli tegami di rame con il manico di ottone, confidenze, attese per l’avvenire.
Non esistevano al mondo due persone più diverse.
Timida e riflessiva, Anna era alta e snella. I lunghissimi capelli castani le incorniciavano il volto sottile e regolare, gli occhi scuri e l’espressione gentile.
Amava scrivere, Anna.
Passava ore e ore seduta davanti alla bifora che illuminava la sua stanza, il calamaio poggiato sul davanzale, a vergare con la penna d’oca i grandi fogli di carta che teneva in grembo.
Scriveva finché c’era luce, poi al lume di una lampada, e alla fine si addormentava con il capo chino sulle braccia conserte.
Veronica, la sua vecchia nutrice, la trovava spesso così. Le accarezzava allora i capelli e le sussurrava sottovoce all’orecchio “Scrivi, piccola, scrivi! Sono sicura che un giorno una delle tue storie sarà famosa in tutto il mondo”.
Erano le storie di mare, quelle che piacevano ad Anna. Di quel mare di cui aveva letto in Omero. Di quel mare che non aveva mai visto e che tanto l’affascinava.
Diceva che avrebbe voluto sentirne il profumo.
Veronica le aveva raccontato che l’aroma del rosmarino era in grado di evocare la fragranza del mare, e ogni mattina gliene faceva trovare un rametto sopra il fascicolo dei fogli di carta. Per tutto il giorno, Anna teneva il rosmarino con la mano sinistra. La sera, quando andava a dormire, ne aspirava profondamente il profumo di cui la pelle era impregnata.
Giulietta era invece bionda e formosetta.
Amava la musica e il ricamo.
E viveva nell’attesa del grande amore.
Il padre aveva promesso la sua mano al conte Paride, e per farglielo conoscere meglio era stata organizzata una festa.
Giulietta ci aveva trascinato anche Anna, a quella festa.
E Anna, timidissima, in un angolo a guardare gli altri ballare, si era accorta immediatamente che l’amica si era innamorata. Purtroppo non di Paride.
L’aveva vista danzare con il giovane Romeo Montecchi: i due ragazzi si erano scambiati solo poche parole, ma i loro occhi brillavano come braci ardenti.
Solo a lei non era sfuggito il loro nascondersi per qualche istante: l’istante, lunghissimo e breve, in cui si erano baciati.
Anna era da sempre la confidente di Giulietta.
Da quel momento, se possibile, i loro discorsi divennero ancora più intimi.
E così, Anna venne a conoscenza di tutto.
Della serata al balcone, del matrimonio segreto…
Che gioia fu per lei vedere l’amica Giulietta felice e innamorata!
Poi ci fu il duello tra Romeo e Tebaldo, e la fuga dell’amato a Mantova.
Quanta disperazione aveva consolato! Quante lacrime aveva asciugato!
Contro il suo volere, il padre aveva anticipato il matrimonio di Giulietta con il conte Paride.
La fanciulla aveva chiesto aiuto a frate Lorenzo.
Anna l’aveva accompagnata.
Insieme avevano ascoltato il vecchio religioso spiegare di quella pozione: “Bevila e tutti ti crederanno morta, ma sarà solo una morte apparente”.
Il giorno in cui si dovevano celebrare le nozze, si scoprì che il cuore di Giulietta non batteva più.
Tutta Verona pianse la giovane Capuleti.
Anna si finse affranta.
Si chiuse nella sua camera a scrivere, davanti alla bifora, con un rametto di rosmarino stretto nella mano sinistra.
Questa volta, non furono racconti di mare: scrisse la storia di Giulietta e Romeo.
La penna scorreva veloce, le parole uscivano dalla mente e dal petto come un fiume in piena.
Non c’era modo di arginarle.
Continuò a scrivere per quasi due giorni.
A un tratto, il suo cuore ebbe un sobbalzo: e se l’inviato di Frate Lorenzo non fosse riuscito a informare Romeo che la sua amata non era veramente morta?
Si precipitò allora dalla nutrice: “Ti supplico, Veronica, aiutami a uscire di casa!”.
“Ti aiuterò, piccola, ma tu abbi cura di te”, le rispose la balia. Poi la coprì con il proprio mantello di panno scuro, le diede un bacio leggero sulla fronte, le aprì piano la porta sul retro.
Il sole era appena tramontato.
Anna attraversò la città correndo.
Passò rasente alle antiche chiese e ai palazzi.
Trafelata, arrivò alla cripta dei Capuleti.
Appena in tempo per fermare Romeo, che voleva morire: il messaggero di Frate Lorenzo non l’aveva raggiunto, non sapeva che il suo amore si sarebbe risvegliato dopo pochi istanti.
Attesero insieme, angosciati e impazienti, che Giulietta riaprisse gli occhi.
E allora furono gioia, abbracci, mani nelle mani.
Ma i ragazzi dovevano fuggire: i Capuleti odiavano i Montecchi, se l’avessero trovato lì, avrebbero ucciso Romeo.
E Giulietta non poteva vivere senza di lui.
Richiusero, vuota, la tomba in cui la giovane era stata coricata, uscirono in strada protetti dalle tenebre.
Al momento del commiato, Anna strinse l’amica così forte da temere di averle fatto male.
Avrebbe voluto lasciarle un ricordo, ma non aveva nulla.
Solo, quel rametto di rosmarino che, senza pensarci, aveva portato con sé quando era uscita in fretta da casa.
Aprì la mano di Giulietta, vi depose il rametto, le richiuse le dita.
“Quando sentirai il profumo del rosmarino, ti prego, pensa un po’ a me” le sussurrò all’orecchio.
Era tardi, bisognava che i due fuggitivi si mettessero in viaggio.
Giulietta salì in sella davanti a Romeo.
Si girò un’ultima volta a salutarla.
E scomparve nel buio.
Per un tempo interminabile Anna guardò quella strada, quel buio.
Poi, lentamente, ritornò a casa.
Le mancò tanto, l’amica.
Ma saperla al sicuro mitigava la nostalgia.
E poi, ogni tanto, riceveva i suoi messaggi.
A Verona si diceva che Romeo fosse morto di peste a Mantova.
Ma Giulietta e il suo amato, nella campagna mantovana, vivevano felici.
Avevano una piccola casa, con un prato costellato di margherite e – proprio sotto la finestra della camera da letto – un minuscolo orto in cui avevano piantato il rametto di rosmarino di Anna.
Il rametto era ormai diventato una grande pianta che inondava la stanza del proprio profumo.
Ogni volta che Giulietta ne avvertiva l’aroma, ripensava con affetto all’amica che aveva salvato il suo amore.
Intanto, il tempo passava…
Anna, davanti alla bifora della propria stanza, con un rametto di rosmarino tra le dita, continuava a scrivere le sue bellissime storie.
Avrebbe voluto farle conoscere al mondo.
Ma era una donna: a quei tempi, non era nemmeno pensabile.
Venne a sapere che un famoso drammaturgo inglese era in città in cerca di ispirazione.
Gli chiese udienza.
Si incontrarono in piazza delle Erbe, vicino alla fontana.
Con le gote in fiamme e gli occhi bassi, gli consegnò il manoscritto con la storia di Giulietta e Romeo.
Il letterato rimase affascinato dal suo racconto.
“Vorrei scriverne una versione per il teatro. Cambierei solo il finale: farei morire i due amanti” le disse, chiedendole di poterlo utilizzare.
Anna annuì col capo.
In quel momento, le gocce d’acqua che scendevano dalla fontana le sembrarono diamanti.
Il successo de “La tragedia eccellentissima e lamentevolissima di Romeo e Giulietta” di William Shakespeare fu immenso.
In pochi mesi, l’opera venne messa in scena in quasi tutta Europa.
Arrivò anche a Verona.
Venne rappresentata nell’antico teatro all’aperto in riva all’Adige.
Anna volle assistervi.
Era emozionatissima.
Seduta sulle gradinate, si riscaldava le mani gelide poggiando le dita sulle pietre ancora calde di sole.
Al di là delle quinte, guardava il tramonto e l’acqua del fiume.
E pensava all’amica lontana.
Si aprì il sipario.
Anna rivisse tutto: il momento in cui Giulietta e Romeo si erano incontrati, l’eccitazione del loro innamoramento e del matrimonio segreto, la disperazione del distacco, l’angoscia, la paura.
All’epilogo, in scena, rimasero solo i corpi senza vita dei due amanti.
Tutto il pubblico piangeva di commozione.
Anche lei aveva le lacrime agli occhi.
Ma le sue erano lacrime di gioia: le era giunta notizia che, proprio quel giorno, l’amica aveva dato alla luce una bambina.
Ora, nella camera inondata dal sole e dal profumo del rosmarino, Giulietta teneva tra le braccia
una bimba vivace, paffutella, con gli occhi azzurri come il cielo.
L’aveva chiamata Anna.
Anna come lei.
CHE COSA SERVE?
- 1 kg di PATATE
- SALE
- ROSMARINO (ed eventualmente altri aromi essiccati)
- OLIO di OLIVA LEGGERO
- ROSMARINO fresco per servire.
COME FACCIO?
- SPAZZOLO BENE e LAVO le PATATE senza sbucciarle, le lascio in ammollo qualche ora.
- PRERISCALDO il forno (ventilato) a 200-220°C.
- SPAZZOLO NUOVAMENTE e ASCIUGO le PATATE con un canovaccio, le taglio a metà e poi in mezzelune dello spessore di circa 1 cm.
- METTO le PATATE in una TEGLIA antiaderente da cm 40 x 30 circa, le irroro con abbondante OLIO, poi vi distribuisco il SALE, il ROSMARINO ed, eventualmente, gli AROMI essiccati. Le patate devono formare un unico strato sul fondo della teglia.
- INFORNO e CUOCIO per circa 15 minuti.
- TRASCORSO questo tempo, giro le patate con una paletta di teflon e CUOCIO ancora per circa 15 minuti.
- CONTROLLO la cottura: quando le PATATE sono DORATE, sono pronte.
- LE SERVO così oppure infilzate a mo' di spiedino in un rametto di ROSMARINO fresco al cui gambo avrò tolto gli aghi.
I MIEI APPUNTI
Pane per i tuoi denti
Valeria De Rossi. Una dentista, una pasticciera, una food blogger. Sono io. Entusiasta di natura, pignola per professione, amo i romanzi ben scritti, il Victoria Peak di Hong Kong, le torte alla mandorla, la mia Nikon e tutti i dispositivi marchiati Apple. I miei difetti? Sono permalosissima e per niente sportiva.
alvin 2 Settembre 2016 (14:03)
grazie, è una delle cose più buone del pianeta. io però da quasi vent’anni non salo nulla, mi sono abituato subito e ne godo tantissimo: ogni cibo ha il suo proprio sapore e le mie papille gustano ogni sfumatura. anche le patate sanno di patata e il rosmarino, mio adorato elisir di vita, non si risparmia e diffonde la sua essenza come non mai. ma magari lo sai già…ciao
Pane per i tuoi denti 11 Settembre 2016 (8:21)
Come hai ragione, Alvin!
Purtroppo, io non sono ancora riuscita ad arrivare al tuo livello di saggezza…
Buona giornata.
Valeria