UNA RAPINA SU CUI RIFLETTERE…
Interrompo temporaneamente la “maratona di Valentina” per parlarvi di una “maratoneta”.
Vi racconterò un episodio realmente accaduto, che fa riflettere sulla drammatica situazione attuale e dimostra che, qualche volta, lo sport può essere più forte della delinquenza.
Ho un’amica eroica.
O incosciente.
Non so.
Sto parlando di Antonella, già citata nelle ricette di pan dolce al cocco, tortelli di zucca, sformato di cavolfiore.
Anto non è solo una fonte di informazioni gastronomiche, ma anche: farmacista, moglie, mamma, amica carissima e… maratoneta capace di macinare decine di chilometri, correndo senza stancarsi.
Da qualche giorno, è addirittura una VIP: il suo nome è assurto agli onori della cronaca brianzola, con un titolo sulla prima pagina del giornale locale e un articolone all’interno.
Adesso vi spiego anche il perché.
Il tutto inizia mercoledì 15 maggio, ore 19,20, dieci minuti prima della chiusura dei negozi.
Anto è nella farmacia in cui lavora. Sta servendo il suo ultimo cliente/paziente.
Come sempre concentrata su ciò che fa, non si accorge di nulla. Ma, in farmacia, è entrato un rapinatore.
Sì, un rapinatore vero, con tanto di giubbotto scuro, berretto e sciarpa sul viso.
“Sono armato, fatemi prendere i soldi dalla cassa”, e passa al di là del bancone.
“Che cosa fa? Non può stare qui!” gli intima Antonella.
Solo qualche istante dopo capirà quanto sta accadendo.
E già basterebbe questa prima scena…
A Dio piacendo, il malvivente finisce di arraffare (per fortuna, senza spargimento di sangue) i 600 euro della cassa ed esce dalla farmacia.
La Anto, alla quale non è bastato il pericolo scampato, gli va dietro.
L’intenzione è quella di trascrivere il numero di targa, nel caso il rapinatore fosse venuto con la propria utilitaria, o, al limite, con quella della moglie.
Ma di auto neanche l’ombra: anzi, il ladro incomincia a correre.
A questo punto, in strada, avviene una cosa strana: il dottorJekyll/Antonellafarmacista si trasforma in misterHyde/Antonellamaratoneta.
“Voglio vedere se sale su un’auto”, cerca di autoconvincersi la mia amica.
In realtà, vedendo qualcuno che corre, lei proprio non può resistere alla tentazione di imitarlo.
E va…
Di corsa per via XXV Aprile, poi per via XXIV Maggio, infine per la provinciale 176: più di un chilometro di strada con la sua consueta falcata da gazzella.
Unico problema, l’effetto Cenerentola dato dalle ciabatte bianche da lavoro che le sfuggono continuamente dai piedi, rallentandole l’andatura.
All’altezza del cavalcavia sull’A4, Anto è fresca come una rosa.
Non altrettanto il rapinatore: accaldato come non mai, si toglie sciarpa, berretto, giubbotto e lancia il tutto al di là di una cancellata.
Poi, stremato, si accascia sull’asfalto.
Voglio sperare che sia vero ciò che Antonella mi ha assicurato: cioè, che, a questo punto della storia e della strada, lei non era sola.
Altrimenti, vi risparmio gli improperi che potrei rovesciarle addosso.
Anto sostiene sinteticamente che il ladro le ha restituito il denaro, chiedendole di non mandarlo in prigione.
E che poi se n’è andato.
Ma, a mio modesto parere (e se la conosco veramente), il vero epilogo è il seguente:
RAPINATORE: semidisteso a terra, nella stessa posizione dell’Adamo della Cappella Sistina.
Guarda Antonella con preoccupazione e stupore.
Alza il braccio sinistro, indicando alla mia amica di avvicinarsi.
Accanto a lui, il bottino, in un sacchetto dell’Esselunga.
Una banconota appallottolata rotola sul selciato.
ANTO: a qualche metro dal malvivente.
Lo sguardo tra il perplesso e il compassionevole.
Al cenno del ladro, si accosta. Lo raggiunge in un nanosecondo.
Rimane in piedi, gli sorride come solo lei sa sorridere.
E allunga la mano destra per aiutarlo a rialzarsi.
RAPINATORE: (che forse fraintende il gesto della mia amica). “Ti prego, lasciami andare! Ecco i soldi, non farmi arrestare!”, biascica.
E porge ad Antonella il sacchetto giallo con la refurtiva.
ANTO: prende in mano il sacchetto. Non sa che fare.
“E’ un disperato”, pensa, “forse è rimasto senza lavoro, la moglie l’ha mollato, deve mantenere i figli, pagare i debiti…”.
Si domanda se non sia il caso di lasciargli qualche euro.
RAPINATORE: si alza con fatica, passando attraverso una buffa posizione a quattro zampe, e si dirige lentamente, a capo chino, verso l’altra estremità del cavalcavia.
ANTO: lo osserva allontanarsi, deglutisce, raccoglie da terra la banconota da 5 sfuggita al sacchetto.
Ha ancora addosso camice e ciabatte da lavoro.
Torna verso la farmacia, dove la attendono colleghi e carabinieri.
Cammina piano, pensierosa.
Poi, un po’ alla volta, aumenta il ritmo.
Sempre di più… Sempre di più…
Eccola: adesso sta correndo.
Chiunque altro si sarebbe fatto chiamare un taxi.
La vignetta sotto il titolo è liberamente tratta dal “Giornale di Vimercate” di martedì 21 maggio 2013.
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Valeria De Rossi. Una dentista, una pasticciera, una food blogger. Sono io. Entusiasta di natura, pignola per professione, amo i romanzi ben scritti, il Victoria Peak di Hong Kong, le torte alla mandorla, la mia Nikon e tutti i dispositivi marchiati Apple. I miei difetti? Sono permalosissima e per niente sportiva.
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