UNA STORIA A COLORI & LA PASTA ALL’AMATRICIANA
Commossa. Quasi fino alle lacrime.
Mi è successo nei giorni scorsi, vedendo in TV i servizi sull’inaugurazione della nuova scuola ad Amatrice.
E, siccome il Paffu – trentino DOC – si dimostra orgogliosissimo della generosità dei suoi conterranei, non potevo che esserne orgogliosa anch’io.
Così – facendo riaffiorare dall’oblio anche le mie – ho immaginato le emozioni di una bimba terremotata nel suo primissimo giorno di scuola, e ho provato a raccontarle.
Perché, ne sono certa, tornare a vivere partendo dalla cultura è la cosa più bella che si possa pensare.
Ringrazio di cuore per la “consulenza” il mio amico Pino, che è stato tante volte in prima linea durante le più gravi calamità italiane.
COLORI
“Mamma, voglio stare qui con te”.
La mamma mi sorride, mi accarezza una guancia.
E mi dà un bacino leggero sui capelli.
Siamo nel grande spiazzo davanti a quella che, fra poco, diventerà la mia scuola.
C’è una ghiaia bianchissima, per terra.
Quando sposti i piedi, nel punto dov’eri prima rimangono due piccoli avvallamenti.
La ghiaia fa “crack crack” quando ci cammini sopra. La mamma mi racconta del libro che stava leggendo: un libro che è rimasto sul divano, nel salotto della nostra casa, e parlava del rumore che fanno le cose che iniziano. Ecco, per me, questo inizio avrà il rumore dei sassolini che scorrono sotto le mie scarpe.
La nuova scuola è lunga lunga, tutta gialla, rossa, blu.
In fondo, c’è una specie di casetta di legno, con una scritta in stampatello.
Non so ancora leggere, ma qualche lettera la riconosco: ci sono una T azzurra e una O verde.
T-R-E-N-T-I-N-O: vengono da lì i signori che ci hanno fatto questo regalo.
Li ho visti, nei giorni scorsi, questi signori.
Stendevano tappeti di erba verdissima vicino alla casetta di legno.
Mi è sembrata una cosa strana.
Ma poi mi sono accorta che stavano montando anche una giostrina marrone a forma di cavallo e un’altalena con i sedili blu, e mi sono distratta.
Mi piace tanto, l’altalena!
Nella tendopoli, non abbiamo molti giochi.
I primi giorni dopo il terremoto, non ne abbiamo avuti proprio: i nostri erano rimasti a casa, nelle nostre camerette.
Noi bambini, allora, giocavamo a nascondino tra le tende celesti.
Era facile nascondersi.
Era altrettanto facile essere ritrovati.
C’erano polvere e fango, in giro, e ci sporcavamo tutti.
Così, spesso finivamo col giocare con la terra, sporcandoci ancora di più.
Poi è arrivata la tenda bianca di Save the children.
Ci sono tavolini e sedie di tanti colori diversi, a misura di bambino, e tanti giocattoli.
I ragazzi sono tutti tanto simpatici.
Meno male che sono venuti loro, altrimenti noi bimbi non avremmo avuto un posto in cui stare insieme.
Oggi sono proprio contenta: ho di nuovo con me Matilde, la mia bambolina del cuore.
Ieri, i vigili del fuoco hanno accompagnato il mio papà all’interno della nostra casa, perché lui potesse riportarmela.
Fortunatamente, è riuscito a prendere anche la tuta rosa che mi aveva comprato la mamma, e lo zaino azzurro con il ritratto di Elsa, la mia principessa preferita.
Così, per incominciare la scuola, sono tutta vestita di nuovo.
La mamma mi indica quella che sarà la mia maestra: si chiama Giulia, è bionda e ha gli occhi scuri che sorridono.
Sono sicura che è buona.
Le maestre hanno un foglio bianco, in mano.
La mamma mi dice che ci sono scritti i nostri nomi.
È una lista che si chiama “appello”, e verrà ripetuta tutte le mattine finché andrò a scuola.
Mi emoziona tanto, questo momento.
Sento le gambe morbide morbide e ho paura di piangere.
Vorrei stringermi a quelle della mia mamma, ma mi vergogno un po’: adesso sono una bambina grande e mi devo comportare di conseguenza.
Però posso attaccarmi forte alla sua mano. Mi accorgo che anche lei è emozionata come me, e questo ci fa sentire una cosa sola.
“Beatrice, stanno per chiamarti” mi sussurra.
Che strano, che mi chiami Beatrice e non Bea, come invece fa di solito.
Deve essere proprio un momento importantissimo.
Mi sembra che, intorno, tutto sia fermo e silenzioso.
Sento solo la voce della maestra Giulia, vedo solo lei.
Ecco: chiama il mio nome.
La mamma mi abbraccia per un attimo, poi mi spinge delicatamente verso i miei compagni.
Ha una lacrima che vuole uscire dalle ciglia. Cerca invano di ricacciarla indietro.
Mi giro verso di lei per farle capire quanto le voglio bene.
Mi avvicino piano alla maestra, guardando fisso nei suoi occhi che sorridono.
Do la mano a una bimba dai capelli rossi che sembra impaurita come me.
Poi, insieme agli altri bambini e trattenendo il respiro, incomincio a camminare.
E vado verso il mio colore.
La ricetta di questo post non poteva che essere…
CHE COSA SERVE?
- 1 cucchiaio d'OLIO extra vergine di oliva
- 200 g di GUANCIALE (io ho usato quello, meraviglioso, che ho acquistato da Mastro Norcino di Palestrina (RM)
- PEPERONCINO q.b.
- SUGO di POMODORO al BASILICO (io ho usato Barilla)
- 500 g di PASTA
- SALE
- PECORINO grattugiato
COME FACCIO?
- TAGLIO il GUANCIALE a listarelle lunghe circa 2 cm.
- SPENNELLO con un cucchiaio d'OLIO una padella piuttosto profonda. Lo scaldo e aggiungo il GUANCIALE. Lo faccio SOFFRIGGERE per una decina di minuti.
- UNISCO il PEPERONCINO spezzettato.
- AGGIUNGO il SUGO di POMODORO e faccio cuocere per una cinquantina di minuti.
- METTO a scaldare abbondante ACQUA, che salerò solo poco prima di buttare la pasta.
- BUTTO la PASTA (bucatini, spaghetti o, come nel mio caso, trenette) e CUOCIO per il tempo di cottura indicato meno un minuto.
- RAFFREDDO aggiungendo all'acqua di cottura mezzo bicchiere d'acqua fredda. SCOLO, verso la pasta nella PADELLA del SUGO. Spolverizzo con un paio di cucchiaiate di PECORINO grattugiato. Mescolando, COMPLETO la cottura in padella.
- SERVO con ulteriore PECORINO grattugiato.
I MIEI APPUNTI
Pane per i tuoi denti
Valeria De Rossi. Una dentista, una pasticciera, una food blogger. Sono io. Entusiasta di natura, pignola per professione, amo i romanzi ben scritti, il Victoria Peak di Hong Kong, le torte alla mandorla, la mia Nikon e tutti i dispositivi marchiati Apple. I miei difetti? Sono permalosissima e per niente sportiva.